Quando la vita ti dà i mandariniEditoriale In evidenza News Rubriche 

Guardare la bellezza. E goderne, per davvero.

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C’è una scena, nei k-drama, che torna spesso.

Lei cammina, con lo sguardo basso, perché ha fretta o perché ha il cuore a pezzi. Lui, poco distante, la osserva come se stesse guardando un tramonto. Il mondo intorno rallenta. E per qualche secondo, tutto è bellezza.

Ecco, noi quel rallentamento l’abbiamo dimenticato. Viviamo correndo, scrollando, digitando pin, spingendo carrelli della spesa e agende traboccanti. Ci alziamo e già siamo in ritardo. In ritardo su cosa, poi? Su una vita che ci rincorre senza neanche sapere dove stiamo andando?

Abbiamo così tanta fretta di vivere, da dimenticarci di vivere.

La bellezza è ovunque, ma serve fiato per vederla. Serve cuore per sentirla.

È nel sorriso di chi ci ama anche quando siamo intrattabili, nel profumo di caffè al mattino, nelle rughe che iniziano a raccontare chi siamo davvero. È in quella pianta sul balcone che ce la mette tutta, anche se la annaffiamo solo quando ce ne ricordiamo.

È nel cane del vicino che ci fa più feste del nostro capo. È in noi, anche quando ci sembriamo un pasticcio.

Ma la bellezza ha bisogno di uno sguardo gentile. Di tempo. Di silenzi. Di lentezza.

Sì, quella parola che oggi suona come una bestemmia: lentezza. Perché ci siamo convinti che essere sempre occupati ci renda importanti.

Che rispondere con “sto impazzendo” a “come va?” sia la nuova normalità.

Che se non sei produttivo, sei inutile. E intanto, mentre ci affanniamo a riempire le giornate, ci stiamo perdendo l’unica cosa che le può riempire davvero: la bellezza.

Non quella delle riviste, dei filtri o delle foto patinate. Ma quella viva, imperfetta, autentica. Quella che ti prende alla sprovvista quando smetti di cercarla.

In un piccolo gioiello della TV coreana, When Life Gives You Tangerines  – che da noi è arrivato col titolo  “Quando la vita ti dà i mandarini”una giovane brillante ma povera, costretta a lottare contro discriminazioni di genere e racconta tre generazioni donne a partire dagli anni ’60 alle prese con la loro vita. 

Ecco, in quella serie, i mandarini non sono limoni da spremere in una limonata motivazionale. I mandarini sono piccoli doni silenziosi. Sono gesti d’affetto lasciati su un tavolo. Sono il calore dell’inverno, la bellezza che non si annuncia, ma si lascia sbucciare. Piano. Con le mani nude.

E lì torna spesso una frase della tradizione coreana che non dimentichi più: “Quando il drago esce dal ruscello.”

Vuol dire che anche chi sembra piccolo, in silenzio, in fondo a una vita qualsiasi, può un giorno mostrarsi per ciò che è davvero: straordinario.

Che anche da un ruscello timido può levarsi un drago.

E forse dovremmo crederci di più anche noi. Che sotto i doveri, i sensi di colpa, le call su Zoom e le buste da pagare, ci siamo ancora noi. Con i nostri mandarini. E magari, con un drago nascosto da qualche parte, pronto a spiccare il volo.

Quindi, sì. Fermiamoci. Guardiamola. Respiriamola.

E godiamocela, questa bellezza.

Che non dura quanto una serie tv, ma se la noti… ti resta dentro per sempre.

 

Giacomo Ambrosino

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