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L’amore per la famiglia in un mondo distopico. Intervista a Leonardo Araneo

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“Il mondo è un’illusione, ma è un’illusione che dobbiamo prendere sul serio, perché fino a un certo punto è reale, ed è vero in quegli aspetti della realtà che siamo capaci di comprendere. Il nostro mestiere è quello di svegliarci.”

(Aldous Huxley)

 

Ed eccomi qua, ancora una volta davanti al computer a preparare una nuova intervista. Sono concentrato ma cerco di viverla anche con leggerezza per evitare poi che ciò che mi viene spontaneo da chiedere diventi talmente macchinoso da non farmi piacere poi ciò che amo in realtà fare, leggere ed intervistare gli autori.

E’ stato un weekend molto freddo qui a Chieti, talmente freddo che ha nevicato di brutto, almeno ieri. Oggi è stata una giornata piena di sole e ne ho approfittato per farmi una bella passeggiata a piedi, prendere un aperitivo, qualche dolce per il pranzo con i miei coinquilini e fare spazio alle idee e ai pensieri.

Bando alle ciancie. Accanto a me sulla scrivania ho Back Home, romanzo di esordio dello sceneggiatore, regista e scrittore Leonardo Araneo, edito da Bertoni Editore. Per raccontare brevemente la trama, parla di un futuro non troppo lontano dove una parte della popolazione riceve una sequenza sonora che trasforma tutti coloro che l’hanno ricevuta belve assetate di sangue. Tra coloro che non l’hanno ricevuto c’è Adam al quale viene sconvolta la vita e si mette in viaggio per ritrovare sua figlia.

Quando l’ho ricevuto sapevo che avrei letto qualcosa di davvero bello e che sarebbe stato poi interessante intervistare Leonardo. Sono onesto, non ho letto molti romanzi distopici e non sono un grande amante (ma devo riconsiderarla) di The Walking Dead. Voi direte, cosa c’entra. Beh, racconta comunque di un mondo distopico dove ci sono le persone sane e normali e poi ci sono gli zombie o i morti che camminano. Nel libro ci sono gli Invasati. Detto questo mi sono “divertito”, un libro forte che va sicuramente letto e che va inserito nella libreria/biblioteca personale.

Ho incontrato virtualmente Leonardo per scambiare qualche chiacchiera. Grazie mille Leonardo innanzitutto per il tempo che mi stai dedicando. Ti faccio la domanda di rito. Come stai?

 Beh direi proprio che non posso lamentarmi. Il libro è appena uscito, il lavoro va bene e non credo ci siano predoni intenzionati a rapire mia figlia.

Iniziamo con le domande che ci stanno sempre e fanno sempre bene per capire bene il processo creativo dietro un’opera artistica. Come è nato Back Home?

Back Home è nato poco dopo mia figlia, nelle lunghe notti insonni passate a controllare se fosse ancora viva. Fin da quei primi momenti mi sono ritrovato ad interrogarmi su cosa sarei disposto a fare per proteggerla ma nello stesso tempo mi sono anche chiesto dove stia il confine tra protezione e possessione, come si possa essere protettivi senza diventare iper protettivi. Su queste idee si è poi innestata una riflessione sui tempi che stiamo vivendo, sui nostri rapporti sociali sempre più improntati all’egoismo ed al narcisismo e sul ruolo e l’importanza sempre più determinante che i mezzi di comunicazione hanno nelle nostre vite.

 

Qualche tempo fa ho letto “La Strada” di McCarthy ed è stata per me una lettura davvero forte, dura dal punto di vista emotivo. Leggendo il tuo, ho provato le stesse emozioni e posso dirti che è un bene. Leggere in fondo non è anche questo, diventare tutt’uno con il personaggio e vivere in qualche modo le sue stesse emozioni e paure. Basti pensare a La Storia Infinita di Micheal Ende. Con questa premessa ti chiedo se ti è mai capitato di sentirti come il personaggio di un libro che hai letto e, in questo caso, se ti sei mai sentito come Adam.

Prima di tutto permettimi di dire che mi rende estremamente felice ed orgoglioso che il mio romanzo ti abbia rammentato in qualche modo il capolavoro di McCarthy che, senza alcun dubbio, è tra le mie principali fonti di ispirazione. Sì, devo dire che mi è capitato di sentirmi come il mio personaggio, non perché mi sia mai trovato, per fortuna, a dover affrontare situazioni di pericolo simili a quelle che affronta lui, ma per il suo modo di vedere la vita. Devo ammettere che purtroppo, in certi momenti, non posso fare a meno di condividere il suo pessimismo e la sua disillusione.

Intanto mi squilla il cellulare e per un attimo ho paura di ricevere il Messaggio ed imbarbarirmi e diventare una belva assetata di sangue, poi mi rendo conto che è un messaggio WhatsApp della mia famiglia e mi rilasso.

Famiglia. Penso ad Ellen, Juliette e penso a mia moglie, ai miei figli, a ciò che facciamo abitualmente per proteggerli e cosa potremmo arrivare a fare in una situazione di pericolo. E sono onesto, non so se riuscirei ad avere forza e coraggio per affrontare una situazione pericolosa. Secondo te, verrei meno alla promessa di proteggerli? Ti sei mai posto questa domanda?

Onestamente credo che nessuno di noi possa sapere come si comporterebbe davvero in una situazione di crisi. Nei momenti disperati le persone apparentemente più miti e mansuete possono dimostrare un coraggio inimmaginabile mentre quelle più forti possono crollare. In ogni caso, citando Manzoni, se uno il coraggio non ce l’ha mica se lo può dare ma questo non significa che ami meno le persone che gli stanno accanto. 

Passiamo un attimo alla tua carriera e alla tua biografia. Non ti conoscevo affatto ed è stata una bella “sorpresa” se vogliamo chiamarla così sapere che ti occupi e ti sei occupato fin da giovane di cinema e televisione, sia in qualità di sceneggiatore, sia come regista e aiuto regista. Hai realizzato e prodotto documentari, dei lungometraggi che hanno avuto un ottimo successo anche con dei premi importanti. Come è iniziato tutto?

Ho sempre avuto la passione per le Storie in generale e fin da piccolo sono sempre stato un avido lettore ed appassionato di cinema. Per questo il mio percorso è stato abbastanza lineare e dopo il Liceo Classico e la laurea al Dams di Bologna mi sono proposto come assistente alla regia volontario e mi hanno preso su Elisa di Rivombrosa. E lì è iniziato tutto.

Quando si racconta una storia ci si affida spesso all’ispirazione da ciò che abbiamo intorno, che ciò che ci accade personalmente o che accade ad altri nel mondo intero. Ripenso al Messaggio, a questo input che ci arriva tramite la tecnologia e ci rende meno umani. Sembra un qualcosa di davvero troppo futuristico e post-apocalittico ma poi pensi a quanto la tecnologia oggi ha creato dei mostri dove la noncuranza degli altri, l’offendere i più deboli, il mettere in mostra anche il peggio della civiltà umana. Mentre scrivevi pensavi che qualcosa ma in modo diverso già sta accadendo?

Assolutamente sì. Forse sembrerò un vecchio parruccone ma onestamente mi pare che l’era dell’informazione ci stia facendo scivolare sempre più rapidamente nella barbarie.

I social sono intrisi di violenza e di continui richiami sessuali e sono fin troppo spesso veicolo di idee aberranti, reazionarie e antiscientifiche. É vero che le persone ignoranti, egoiste e aggressive sono sempre esistite ma finché esponevano il proprio pensiero al bar del paese non potevano fare troppi danni e se esageravano rischiavano di essere “puniti” seduta stante.

Adesso invece sta prevalendo l’idea che tutti possano dire tutto, che solo per il fatto che ho la possibilità di esprimere la mia opinione su qualcosa debba necessariamente farlo e soprattutto che il mio pensiero valga come quello di chiunque altro. E così ci ritroviamo con il dieci percento della popolazione che crede che la terra sia piatta e col quaranta che pensa che esista un grande progetto globale di sostituzione etnica. Insomma il discorso è lungo ma per rispondere alla tua domanda ribadisco che sì, temo che stiamo diventando sempre più rapidamente una generazione di persone egoiste, meschine e aggressive piene di foto felici.

“Il fatto che gli uomini non imparino molto dalle lezioni della storia è l’insegnamento più importante che la storia può offrire.”

(Aldous Huxley)

Penso che questa frase rifletta bene ciò che stiamo vivendo ora. Gli esseri umani si smarriscono, commettono errori, cadono, si rialzono ma puntualmente finiscono con il ripetersi senza però fermarsi, capire dove hanno sbagliato e rimettersi in quel loop di gesti e comportamenti quasi sempre nocivi per l’umanità stessa. Senza voler fare spoiler, secondo te Adam avrebbe potuto cambiare qualche atteggiamento per trovare finalmente pace?

Io credo che, a suo modo, alla fine Adam trovi la pace, anche se magari non è una pace che possa metterlo nuovamente in contatto con gli altri. La sua è una pace interiore, data dall’accettazione della propria vera natura e del mondo intorno che, nel suo complesso, non può essere cambiato. Almeno non da un uomo solo…

Siamo alle battute finali dell’intervista. Approfittando per ringraziarti nuovamente della tua disponibilità ti chiedo a cosa stai lavorando ora e quali saranno i tuoi progetti lavorativi.

Innanzitutto mi sto dedicando alla promozione di Back Home che nei prossimi mesi mi porterà un bel po’ in giro per l’Italia, dalla mia Toscana a Roma, da Napoli a Torino passando per Pesaro, Pescara, Bracciano e molte altre città. In contemporanea sto lavorando al progetto di una docuserie di cui non posso parlare e, ovviamente, sto ultimando il mio prossimo libro.

 

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