Michele Santoriello MiCoInterviste On Stage Rubriche 

La contaminazione fondamentale. Intervista a MiCo

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Come inizia la tua avventura nel mondo della musica?

Inizia molto presto. Già da bambino rimanevo incantato alla radio o davanti alla tv quando sentivo una canzone che mi piaceva. Fin da piccolo amavo quella che oggi posso chiamare Black Music. Ad esempio, non vedevo l’ora che arrivasse la pubblicità dei cracker per sentire “Sir Duke” di Stevie Wonder. L’avevo anche registrata con un registratorino, per riascoltarla infinite volte…

Ho iniziato a studiare musica e chitarra classica a undici anni e a sedici sono passato al basso elettrico. Il mio vero amore. Da quel momento non ci siamo più lasciati. Da lì ho iniziato a suonare, un po’ come facevano tutti all’epoca, con gruppi di amici nelle cantine e nei garage, in sale-prova improvvisate.

Ho continuato a studiare musica, ad andare a lezione e a impegnarmi e ho avuto tantissime formazioni, soprattutto blues e funk. Ho fatto un’infinità di concerti live nei locali della mia zona, dove fortunatamente c’era tanto interesse per la musica dal vivo, e in giro per l’Italia. Ma, col tempo, le esperienze più intense le ho vissute sui palchi dei teatri e dei festival.

Cosa ti ha regalato lo studio della musica?

Principalmente, credo, la possibilità di poter trasmettere emozioni. Poter raccontare un sentimento o uno stato d’animo senza dire una parola. In secondo luogo la voglia di condividere, suonare INSIEME. Quando trovi i musicisti giusti, come è capitato a me per MiCO, lo capisci subito. È una specie di magia che si crea in quei pochi secondi di musica suonata insieme. Una sorta di colpo di fulmine sonoro.

Qual è il tuo stile preferito?

Non saprei, amo il Groove, quello con la G maiuscola e mi faccio prendere da qualsiasi cosa esprima al massimo questa idea, a prescindere dal genere.
Ho sempre ascoltato e cercato di prendere il meglio da ogni genere, ma su tutti ho amato il mondo della Black Music e affini: fusion, funk, jazz, R&B, acid-jazz, soul, ecc… Oggi ascolto tanta musica interessantissima, da Vulfpek a Masego, da Thundercat a Snarky Puppy, Jacob Colier, Robert Glasper, Anderson Paak. Amo tantissimo le nuove contaminazioni che arrivano da oltreoceano.

Preferisci dedicarti ad un unico genere nel corso della tua carriera artistica o sperimentare stili diversi?

Assolutamente preferisco sperimentare stili diversi, solo così penso si possa realmente crescere. Confrontarsi costantemente con progetti nuovi apprendendo tutto il possibile. È sacrosanto avere una idea ben precisa e focalizzarsi su di essa ma è fondamentale lasciare che questa venga contaminata ed influenzata in continuazione. Durante le registrazioni di “MiCO” tutti i musicisti hanno portato il loro contributo sonoro e artistico. La loro visione… la loro contaminazione è stata fondamentale.

Parlaci del tuo successo più grande.

Deve ancora arrivare, e quando arriverà… spero ne arrivi un altro ancora più grande!
A parte le battute, sono fiero ed entusiasta di tutti i progetti che ho realizzato, ma ovviamente l’uscita dell’album MiCO è per me già un grandissimo successo, soprattutto dal punto di vista personale. È stato infatti molto difficile realizzarlo durante lo scorso anno, quando metà del mondo era fermo a causa dell’emergenza sanitaria. Ma non potevo più aspettare… la musica era matura e dovevo inciderla! I riscontri che sto avendo sul disco, sia dalla critica che dal pubblico, sono già molto incoraggianti e questo mi riempie di gioia.

C’è un artista a cui ti ispiri o ti sei ispirato?

In questo momento, anche se, come gusti propendo per il “suono” di altri bassisti, come Richard Bona, Jaco Pastorius o Dario Deidda, direi che ho seguito molto il lavoro di Michael League, bassista e fondatore degli Snarky Puppy. Amo la sua musica e il suo “metodo” di lavoro.

Sono sempre stato attratto da gruppi o artisti come Soulive, Medescki Martin and Wood, Charlie Hunter e Galactic, dei quali ho letteralmente consumato i dischi. Stevie Wonder, invece, un po’ come Pino Daniele, sono con me da quando sono bambino. Potrei continuare ad elencare artisti che mi hanno ispirato… è veramente difficile dare soltanto un nome.

Come nasce questo disco? E come è nata la collaborazione con Fabrizio Bosso?

Nasce semplicemente dalla voglia di esprimere le mie idee. È un disco in cui ho messo anima, cuore e passione e sono molto felice perché tantissime persone che lo hanno già ascoltato mi scrivono che queste “vibrazioni”… arrivano! E questa è, credo, la cosa più bella che un artista possa sentirsi dire.

Ho coinvolto Fabrizio Bosso nel modo più classico: gli ho mandato la mia musica, che gli è piaciuta molto e abbiamo così cominciato ad organizzare le registrazioni. Per me è stata e continua ad essere una esperienza emozionante. Poter sentire la sua tromba suonare le mie note, su una musica che già, per me, ha un enorme carico emozionale, è qualcosa di magico. Quello che scrivo proviene da emozioni, momenti di vita vissuta e Fabrizio, e come lui tutti i grandi musicisti che ho scelto per questo progetto, è riuscito a coglierli, enfatizzarli ed esprimerli in maniera sublime.

A cosa ti ispiri in genere? E in particolare a cosa ti sei ispirato durante la produzione di “MiCO”?

Non c’è una formula precisa, principalmente i brani sono frutto delle mie esperienze, di emozioni, panorami, sensazioni, immagini, sogni… vita. La mia vita. L’ispirazione principale proviene da quello che mi succede, come lo vivo e come reagisco. Durante la produzione invece, ho mantenuto il focus sui miei gusti e come intendevo che questi scorci di vita venissero suonati e percepiti. Volevo che la mia musica fosse piena di groove ma allo stesso tempo melodica. Forte ma raffinata. Così è nato “MiCO”.

In un periodo difficile per il mondo dello spettacolo, come questo che stiamo vivendo, come hai portato avanti la tua passione? Quali difficoltà e quali possibilità ne sono nate?

Ho vissuto molto male le chiusure del mondo dello spettacolo (e, in generale, tutte le restrizioni). La cultura è vita. La musica è vita e va condivisa… dal vivo! Il palco mi è mancato tantissimo: sia da musicista che da spettatore.
Però non mi sono mai abbattuto, e ho cercato di utilizzare il tempo passato “forzatamente” a casa continuando a studiare, a perfezionare i brani di MiCO e a comporre nuova musica. Anzi, molte emozioni, anche negative, derivanti da questo difficile periodo, mi hanno stimolato a creare nuovi brani. È stato un periodo fortemente introspettivo e meditativo.

Quali progetti per il futuro?

Ora il desiderio principale è quello di suonare dal vivo! Vorrei poter fare tanti concerti, MiCO è una formazione che esprime tutto il suo potenziale dal vivo! Ho anche molte cose in cantiere che vorrei concretizzare in un “MiCO volume 2”, ma un passo alla volta…

Ilaria Tizzano

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