Storie 

Fatim Jawara, quando disperazione e speranza annegano nel mare d’odio

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Questa è la storia di Fatim Jawara del Gambia, che alla ricerca di una opportunità di approdo al calcio femminile europeo. è morta in un barcone dei migranti, proprio come Samia.

La storia di cui voglio parlarvi questa settimana narra il dolore di chi cerca di vivere una vita migliore e non ce la fa. È la storia di chi muore nel silenzio, nella freddezza dei numeri e nell’anonimato della moltitudine, solo perché alla ricerca di un mondo nuovo che credeva diverso.

Questa è la storia di Fatim Jawara giovane calciatrice, portiere della Nazionale del Gambia, morta annegata nel mare nel tentativo di raggiungere l’Europa a bordo di un barcone insieme ad altri migranti.

Chi era Fatim Jawara

Fatim Jawara non era solo una calciatrice, ma era una vera e propria donna dalla determinazione e dal coraggio considerevoli, impropri per una ragazza di soli 19 anni. La sua volontà era dare concretezza a quella speranza di vivere una vita migliore. Voleva essere una calciatrice professionista e coltivava bene quel sogno che portava avanti da quanto aveva esordito in Nazionale maggiore a 18 anni. Voleva giocarci a calcio per davvero, era una promessa e aveva militato anche nella nazionale under 17 del Gambia che partecipò alla Coppa del Mondo in Azerbaijan nel 2012. Giocava con la squadra locale degli Scorpions con cui aveva debuttato un anno fa in un’amichevole contro una squadra scozzese, parando anche un rigore.

Il viaggio

Il viaggio di Jawara inizia il mese di settembre quando arriva alla decisione di partire, di attraversare il Sahara pur di raggiungere la Libia, un Paese simbolo della tratta dei migranti. Quella libica è una tappa durissima, e come sempre ad attendere ci sono tanti pericoli, continue incertezze e allarmi, oltre a tanta violenza. Sotto gli ordini degli uomini di Misurata si deve sperare di beccare il barcone giusto, si devono avere tanti soldi e cogliere il momento . Quel momento che divide il passato incerto da un futuro tutto da scoprire, ma che per ora non prevede nessun talent scout o allenatore, e nemmeno un pallone da raccogliere. Le uniche cose a cui fare attenzione, oltre ai principi di sopravvivenza, sono i segnali da cogliere che ti permettono di partire a bordo di un pericolante barcone diretto verso l’Europa. Perché il momento arriva e si salpa, pregando che vada tutto bene.

La fine

Ci sono notti in cui il mare è benevolo e altri no. La speranza si trasforma in terrore, e il viaggio in tragedia. Qella notte è notte di tragedia. Il barcone/gommone si rovescia e i corpi finiscono in mare. Alla fine sono raccolti da una petroliera al largo della Libia, novantasette migranti morti e ventinove superstiti. Numeri gelidi che non descrivono nulla della tragedia. Il nome di Fatim inizialmente resta anonimo, come tante volte succede per quei corpi annegati. Poi però  dopo una settimana inizia a diffondersi la sua storia, quella di una giovane portiere della nazionale di calcio del Gambia, annegata al largo della Libia e il cui corpo sembra essere presente tra quei novantasette.  A confermarlo poi è la stessa Federazione del Gambia, che racconta del viaggio in mare dalle coste libiche e terminato in quel tratto che troppo spesso inghiotte vite, il cui unico crimine è di fuggire dal proprio Paese per un futuro migliore. Come la speranza di una sportiva che cerca una nuova possibilità, una nuova via, la salvezza e chissà la possibilità di tornare a casa come un’eroina.

Come Samia

Così era Fatima e così era anche Samia. Uguali erano anche le speranze sia di Fatim, che di Samia. Già perché la storia si ripete ed è difficile non trovare i punti in comune. La storia di Samia Yusuf Omar probabilmente Fatim non la conosceva, o molto probabilmente nera distratta da altro, perché quando davanti hai realtà ormai perdute, pensi a scappare e a sperare che quella stessa sorte non debba toccare a te. Samia era una velocista annegata al largo di Lampedusa nel tentativo di raggiungere l’Europa e partecipare alle Olimpiadi di Londra. Anche Fatim sognava una carriera nel calcio ben retribuito d’Europa. Era fiduciosa che il suo passato da titolare nella nazionale femminile under 17, avesse lasciato traccia tra le memorie degli osservatori, sperava che il breve cammino della sua nazionale e i ventisette goal subiti contro Corea del Nord, Stati Uniti e Francia non l’avessero bollata per sempre. Chissà forse la storia di Samia la conosceva e probabilmente non aveva voluto pensarci, perché quando scappi verso un mondo economicamente migliore, devi avere sempre la speranza che le cose vadano bene.

Si sta come d’inverno migranti sul gommone

Il Gambia è lo spettro che si trova alle spalle di questa storia. Il Paese africano ha meno di due milioni di abitanti, di cui un terzo vive con meno di 1,25 dollari al giorno. La povertà spinge e a scappare, infatti è il quarto Paese per numero di migranti che cerca di approdare in Italia. Dal Gambia quindi proviene una gran parte delle persone che arrivano sulle coste italiane, mentre nei dintorni del limite internazionale c’è buona parte di quelli che in Italia non riescono proprio ad arrivarci. I dati dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, sulle tragedie 2016 nel Mediterraneo, mostra dati allarmanti: oltre 3.000 finora le vittime accertate, cifre superiori rispetto al 2015 e raddoppiate rispetto al 2014.
Una carneficina che non sembra arrestarsi, in cui si mescolano migranti di tutti i tipi. Ci sono quelli che scappano da guerre e quelli troppo superficialmente bollati come migranti economici, ma che in realtà sono in fuga da un’altra guerra: quella contro la fame e la mancanza di qualsiasi prospettiva.

Fatim Jawara così come Samia Yusuf Omar non volevano accettare questo destino e desideravano creare qualcosa di nuovo, che potesse dar realtà a quelle aspirazioni.
Sogni rimasti sul fondo del mare, come le protagoniste di questa storia,. Bisognerebbe guardare a questi mondi con occhi diversi, spogliati da ogni pregiudizio. Noi non possiamo far ritornare in vita le vittime, ma possiamo far rifiorire le storie, raccontandole.  Questo sarà un piccolo contributo che aiuti a raggiungere l’immortalità le due atlete.

Questa è per Fatim e Samia.

Daniele Maisto
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