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I limoni e la malvarosa. Intervista alla scrittrice Mariantonia Crupi

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“I limoni e la malvarosa” di Mariantonia Crupi è un romanzo al plurale, dominato da un universo di donne che attraversano il tempo nel paese di Acquaro, ai piedi delle Serre calabresi, il paese dell’autrice, narrate attraverso una scrittura evocativa, elegante e intensa, e che esprime, al tempo stesso, i moti dell’anima e gli slanci della natura, il passato e il presente, uniti da una grande casa di pietra, un fiume, una panchina che vive i suoi secoli di vita, declinandoli agli amori, alle passioni, alle perdite, alla speranza.

In questa intervista la scrittrice ci racconta il suo ultimo libro.

Chi è Mariantonia Crupi oltre la scrittura?

È difficile rispondere razionalmente, evitando il rischio di scadere nella flatterie.

Sono stata una docente appassionata, fortemente legata ai libri e alla cultura.

Amante dell’arte, della poesia, della letteratura, dei viaggi e della natura, ho studiato lingue straniere perché curiosa di conoscere culture altre, quel sentiero fragile e divino che è il cammino dell’uomo.

Come nasce la storia che racconta nel libro dal titolo “I limoni e la malvarosa”?

Sono, in realtà, tante storie, un romanzo al plurale, vasti e che induce alla riflessione.

Non sono mai realmente ‘nate’, erano dentro di me, da quell’infanzia con la vocazione all’ascolto, i racconti di mia mamma e di mia nonna, le letture, quel senso quasi morboso di vivere la comunità, le famiglie, i vicini, le terre, i frantoi, la vita che vi ferveva, il canto d’acqua del nostro fiume, e tutto il dolore delle partenze, delle perdite, degli addii, l’illusorietà dell’esistenza.

Un libro romantico, direi, quasi “ribelle”.

Cosa rappresenta il disegno in copertina?

Il romanzo è dominato da una antica casa in pietra, una casa viva, che sembra possedere un’anima, e un grande giardino ricco di alberi, piante e fiori tipici del nostro meridione.

Una panchina solitaria accoglie le gioie e le sofferenze di tre generazioni, tutti fortemente legati alla casa da un profondo senso di appartenenza, e guarda al futuro, a quel cammino di ritorno che ogni uomo del sud sogna.

Come ha vissuto la fase della scrittura e poi l’iter della pubblicazione?

Ansia e gioia, tanta ansia, tanta gioia.

Una grande emozione, una frenesia a volte dolorosa, dubbi e perplessità.

L’anno più bello della mia vita.

Cosa vorrebbe che i lettori riuscissero a comprendere leggendo questo libro? Quale segno vorrebbe lasciare in loro?

È un viaggio nel sangue dei ricordi.

Da docente, quando aprivamo un libro nuovo, chiedevo ai miei alunni di fermarsi, di odorarlo profondamente, sentirne la ruvidezza della carta, l’odore dell’inchiostro, ed essi ne ricavavano le asperità delle montagne, i viali delle città aspersi di foglie rossastre negli umidi pomeriggi autunnali, la passione divorante di Gutenberg, il pianto di un innamorato, l’amore per le proprie origini, la condanna delle ingiustizie, il senso della banalità del male.

E il cammino di un popolo, da comprendere e rispettare.

Bellezza e armonia.

Sta scrivendo un nuovo libro? Può anticiparci qualcosa?

È tutto solo un’idea.

Ma ci rivedremo ancora.

Grazie.

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