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Luca Berretta: intervista all’autore di “Hilla von Rebay – La donna dell’arte”

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Parigi, 1918. Hilla von Rebay è una studentessa dell’Accademia Julien, figlia di una aristocratica famiglia tedesca. Ama l’arte, rifiuta il ruolo di moglie borghese e vive il sogno della vita bohémienne. Nel 1916, conosce Rudolf Bauer. Vivono insieme in un atelier nei pressi di Berlino. Le cose, però, non vanno bene e Hilla decide di partire per l’America. New York, 1927. Hilla sbarca a Manhattan. La città non le piace, la vita è costosa; torna a dipingere e insegna pittura in una scuola. Una sera, conosce la moglie di S. Guggenheim, un imprenditore amante dell’arte europea. Insieme realizzano il Guggenheim Museum di New York. Solomon morirà prima, ma lascerà a Hilla il compito di terminare il museo insieme a Frank L. Wright. Hilla resterà parte integrante del progetto fino al 1959 e uscirà di scena poco prima dell’inaugurazione. Morirà mesi dopo nella totale solitudine.

Quello che racconta Luca Berretta è la storia di una donna modello di emancipazione e di un traguardo in nome della bellezza raggiunto, ma ben presto dimenticato dalla storia. Il romanzo ripercorre così la vita della baronessa dagli studi nella Parigi anni ‘20 della “generazione perduta” di Modigliani e Hemingway fino alla morte avvenuta alla fine ’60 a New York, città che ormai l’aveva accolta da tempo. In mezzo una vita trascorsa tra Berlino e Zurigo dove conoscerà l’arte rivoluzionaria del nascente movimento dadaista.

Luca Berrettan libro

Da architetto a scrittore? Ha sempre avuto la passione per la scrittura oppure è nata con il tempo?

Resto e sono un architetto. Gli architetti scrivono da tempo le storie delle città, sull’abitare e sul paesaggio che viviamo. Questo tipo di scrittura, il romanzo, è nata circa dieci anni fa ma si è concretizzata con l’uscita del mio primo libro, “Il signor Ole” edito Minerva, circa cinque anni fa.

“Hilla von Rebay – La donna dell’arte” è il suo nuovo romanzo edito da Morellini. Perché ha deciso di raccontare la storia della pittrice tedesca?

Perché la gente, ma specie i lettori, sappiano cosa ha realizzato questa incredibile donna. Una figura importante nel mondo dell’arte moderna, un artista che seppe inseguire con tenacia coraggio, un grande sogno. Merita di essere riconosciuta da quella storia che l’ha dimenticata.

Ci racconta il percorso emotivo e di ricerca che l’ha portata alla stesura del romanzo?

Il percorso emotivo emerge lentamente nel corso della sua vita, è una personalità affascinante, che insegue un preciso obiettivo. Una donna coraggiosa, che soffre un amore, che realizza un successo ma vive la propria solitudine. La ricerca è stata difficile e lunga. Alcuni testi sono arrivati da New York e uno da Berlino.

Quale è stato il momento più complesso durante la fase di scrittura del libro?

Tanti. Uno dei primi trovare una sintesi a quanto lei ha portato avanti, un altro è stato quello di parlare di movimenti artistici che rivoluzionarono il modo di vedere l’arte e ciò che essa rappresentava in quel preciso momento.

Altro libro importante della sua carriera letteraria è Il Sig. Ole (Edizioni Minerva, 2017). Che argomento tocca?

È una storia molto bella che si svolge durante il ‘900, nei primi anni del sogno americano. Lui è l’uomo che ha inventato il motore fuoribordo EVINRUDE cambiando la nautica nel mondo. Ma lei, sua moglie, è la donna che l’ha sempre amato anche nei momenti più difficili, aiutandolo nei periodi più intensi del suo lavoro, nei suoi attimi di indecisione, una storia di sinergia, di intesa e di amore che iniziò sulle rive di un lago, per colpa di un gelato.

Sta lavorando ad altri romanzi al momento?

Si, appena finita la bozza. Un’altra storia vera a cavallo del ‘900. Ma questa volta riguarda un’altra mia passione: l’archeologia. Un uomo, una donna, e lo spazio infinito dei deserti.

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