Interviste 

Danziamo altrimenti siamo perduti. L’ispirazione di Franco J.Marino nell’album Tamuè

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Come nasce Tamué?

Nasce a tavola, improvvisando su un brano che avevo da poco scritto. Ero a casa del maestro Malavasi, con cui collaboro da molti anni, e spiegavo il bisogno che sentivo di unire alla mia poetica un ritmo inusuale e sensuale, caldo. Mi sono ispirato ad una frase di Pina Baush: “danziamo altrimenti siamo perduti”. Come a volte capita, quando si è profondamente ispirati, è venuto fuori il quadro, con le forchette e il tavolo di legno usate come percussioni, suonando la chitarra come se fosse una percussione. Da li in poi era tutto in divenire, ci siamo messi al lavoro pensando ad un modo percussivo di suonare il contrabasso, poi abbiamo studiato un suono elettronico che fosse riconoscibile e che caratterizzasse tutto l’arrangiamento. A tutto ciò abbiamo unito la danza.

Com’è nata l’idea di coniare il termine Napolatino per questo genere musicale e come mai hai deciso di fondere questi due realtà?

Il termine ” Napolatino” è venuto dopo, quando ci siamo trovati di fronte al risultato. Non ho deciso di fondere queste due realtà, sono nate spontaneamente.

Io sono partenopeo e il mio modo di sentire la musica è dentro di me, poi tra Napoli e Cuba c’è lo stesso approccio musicale, lo stesso modo di affrontare la vita con solarità, con filosofia. Noi siamo italiani, siamo latini, chi nasce a Napoli secondo me è Napolatino, ecco perché ho creato questo termine che è un mood.

 

 

Come mai hai deciso di dedicarti ad un altro genere musicale diverso rispetto ai precedenti a cui ti sei dedicato?

Io sono un cantautore e tale rimango, ho solo messo le “ruote” al mio modo di scrivere che resta poetico e melodico. Quindi credo che la differenza stia nell’aver saputo mettere insieme le due cose creando qualcosa che prima non c’era.

Del resto anche l’amore, la gioia come la sofferenza possono danzare; la danza è l’espressione più alta per manifestare con il corpo i sentimenti.

Come mai hai scelto lo scenario di Procida per il tuo videoclip?

Se sei stato a Procida allora capisci perché.

Procida è un isola meravigliosa di cui sono profondamente innamorato, è forse tra le isole del golfo di Napoli che ha mantenuto la sua autenticità. Procida è luce!

Io e il maestro Malavasi abbiamo lo stesso amore per questa terra. A Pasqua scorsa ci siamo stati quattro giorni e guardando il panorama da Terra Murata, che si perde tra la Corricella e l’orizzonte, abbiamo già allora deciso di girare il video li e il brano ancora era solo un pensiero.

Cosa ti aspetti dall’album che seguirà il tuo singolo?

Quando un artista realizza il suo progetto, spera innanzitutto che venga capito il messaggio, poi pensa ai concerti; ad emozionarsi e a dare delle emozioni.

Questo mio progetto non è omologato, non è in concorrenza perché unico nel suo genere; la cosa che più mi gratificherebbe è che venisse capito.

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