Lele @La Distilleria Pomigliano D'Arco ( Copyright by Giacomo Ambrosino Photography)Interviste 

“Cerco qualcosa che mi faccia costruire il mio percorso”. Intervista a Lele

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Il 15 febbraio abbiamo incontrato Lele, vincitore di Sanremo nella sezione Nuove proposte con la sua Ora mai, alla Feltrinelli Point La Distilleria di Pomigliano d’Arco in occasione della sua tappa in-store per promuovere il suo album Costruire 2.0, nuova versione dell’album d’esordio del giovane cantautore napoletano finalista di Amici 2016.

Ma conosciamolo meglio con la nostra intervista.
Innanzitutto com’è vincere tra le nuove proposte il festival di Sanremo? La vittoria ti ha cambiato la vita?

Aver vinto Sanremo è stata una grande emozione ma non credo che mi abbia cambiato la vita. Credo invece che mi abbia dato una mano ad aggiungere un tassello al mio percorso. Io non cerco esperienze che mi cambino la vita, ma piuttosto cerco qualcosa che mi faccia crescere e costruire – come appunto sottolineo con il titolo del mio album – il mio percorso. Non mi sento cambiato. Io sono sempre lo stesso ragazzo che è vissuto e che è cresciuto qui, solo che adesso sto riuscendo a crescere anche attraverso la mia musica.

La vittoria di Sanremo può essere considerata una rivalsa personale nei confronti di chi non ha creduto abbastanza in te come è successo ad Amici o a The Voice?

Io non faccio musica per rivalsa, ma la faccio per esigenza personale e poi la televisione è un’arma a doppio taglio: ti può andare bene, ma ti può andare anche male. Penso che sia sbagliato fossilizzarsi soltanto su eventi riguardanti la televisione, infatti io mi concentro sul mio percorso artistico e non nutro un sentimento di rivalsa nei confronti di chi ha partecipato ai talent anzi posso dire che mi hanno dato una mano nella mia crescita artistica.

Nel tuo album Costruire 2.0 canti in italiano e in inglese, in quali delle lingue secondo te riesci meglio ad esprimere quello che hai dentro? Potresti essere stato influenzato dalla stessa Elisa a cantare in inglese?

In realtà già quando sono stato a The Voice ho portato i miei pezzi in inglese, quindi non ho una lingua di preferenza. Penso che l’italiano sia più immediato e disponibile alla fruizione per quanto riguarda il mercato italiano mentre con l’inglese forse la fruizione potrebbe essere più piccola. Tuttavia ciò non mi impedisce di scrivere in entrambe le lingue perché l’inglese mi dà la possibilità di generare un groove diverso. Il mio obiettivo principale è raggiungere il groove in ogni canzone perché è quello che fa la differenza, secondo anche le mie influenze in quanto sono molto legato alla musica nera e da essa traggo le mie maggiori ispirazioni.

Dopo l’Instore ti vedremo in un tour da solo?

Ci saranno delle sorprese. Forse un tour è un po’ prematuro perché non mi va di fare passi più lunghi della gamba, preferisco procedere per gradi e costruire a mano a mano, mattone dopo mattone e quindi vorrei fare le cose nel modo giusto e al momento giusto. Sicuramente però ci sarà occasione di cantare live.

 

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