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Clementina Ianniello, una storia per tutte le donne in memoria di Veronica

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La vita è fatta di tanti intrecci che cambiano la tua vita, a volte la migliorano o la distruggono. Fatti, persone e situazioni che diventano storie tragiche, ma che dimostrano grande forza.

La prima storia che voglio raccontare in questa rubrica è quella che riguarda Clementina Ianniello una grande donna di Mondragone (Caserta) la cui vita, come quella di tutta la sua famiglia è stata posta davanti a un grande dolore, impossibile da superare. Clementina Ianniello, infatti, ha perso sua figlia Veronica Abbate uccisa per mano di Mario Beatrice, l’ex fidanzato che non aveva accettato la fine della loro storia. Da quel momento è iniziata la sua missione in difesa delle donne vittime di violenza.

Il dramma

Veronica Abbate

Il 3 settembre 2006 la figlia di Clementina Ianniello, Veronica, bellissima 19enne studentessa in biologia all’Università di Napoli Federico II, restò uccisa per mano del suo ex fidanzato, l’allora 22enne Mario Beatrice, allievo della Guardia di Finanza, che non aveva accettato la conclusione della loro travagliata relazione circa sette mesi prima. Beatrice non riusciva ad accettare quella decisione di Veronica, considerava la sua ex come un oggetto proprio, altrimenti meritevole di morte. La sua rabbia nasceva dal fatto che Veronica questa volta era decisa a non riprendere più quello sfiancante tira e molla e aveva capito che poteva esserci di meglio nella vita. Poteva sentirsi apprezzata e che si poteva stare bene con un’altra persona, con rispetto e amore, senza le solite liti. In questo l’aveva aiutata frequentare l’università in una grande città come Napoli.

Mario Beatrice invece nella sua arroganza non accettava rifiuti e in quella terribile notte le chiese di vedersi per parlare. In quel momento già pianificava il terribile omicidio che concretizzò dopo pocco, sparando un colpo di pistola d’ordinanza alla nuca di Veronica, quando cercava di scendere dall’automobile.
 
Quel terrificante gesto ha fatto precipitare all’inferno la vita di Clementina Ianniello.
Da quel giorno è come se mi fossi spenta. Non è stato pensato un termine per indicare un genitore che ha perso un figlio: è una sofferenza insopportabile, che si porta via emozioni, colori, profumi, la curiosità per il mondo. La parola ‘felicità’ è stata bandita da casa mia: mio marito Lello e mia figlia Ylenia sanno che le cose non potranno mai tornare come prima.

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Come continuare a vivere?

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Cosa può fare una madre che perde ciò che ha di più caro, soprattutto in circostanze così traumatiche? Impossibile dare una risposta univoca, per chi quel dolore non l’ha mai provato. C’è chi si perde in un comprensibile dolore e si arrende e chi trova un’incredibile forza e lotta. Questa storia non vuole raccontare solo il dolore, non vuole raccontare di chi si arrende. Perché è la storia di una donna capace di trovare una determinazione e una forza senza paragoni. La mamma di Veronica non si è arresa e ha continuato a lottare in tv, attraverso i media e le manifestazioni sul territorio, dimostrandosi un leone. Così ce la raccontano le persone che la conoscono direttamente e così ce la descrive Deborah Riccelli, la scrittrice autrice del libro sulla storia di Veronica e di tante donne uccise da una mano violenta che consideravano sicura, Nessuno potrà + udire la mia voce.
Clementina Ianniello è una combattente. Le hanno tolto ciò che aveva di più caro e ha deciso di non farsi fagocitare dal dolore. Ha deciso di usare questo dolore trasformandolo in coraggio e forza per sopravvivere. Il dolore di questa famiglia, metaforicamente, ha deposto la base sulla quale è nata la casa di VERI. Io sono con lei e la sua famiglia, e farei qualsiasi cosa per aiutarli.

Dal letame nascono i fior

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Da un immenso dolore possono nascere grandi cose in grado di migliorare la vita di tante persone. Infatti, da quella notte che ha portato via Veronica agli affetti più cari, è nata l‘Associazione V.E.R.I. e poi la Casa di VERI, che ospita donne vittime di violenza e in pericolo per fare in modo che il sacrificio di Veronica non sia perso e per evitare, quando possibile, altri casi simili.

Una casa per tante donne in difficoltà

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Casa di Veri nasce grazie alla tenacia e l’impegno di Clementina Ianniello e dei tanti volontari, dal sequestro di una villa di un boss della camorra poi assegnata su bando all’Associazione Veri. Un fabbricato confiscato alla criminalità organizzata è diventato un centro in grado di accogliere donne in difficoltà e in pericolo. Una villa su tre piani, con quattro camere presenta otto sportelli di ascolto per le maltrattate e ospita per periodi di tempo limitato donne che hanno subito violenze, spesso insieme ai loro figli e supportate da un’assistente sociale oltre al sostegno psicologico.
Tutto questo è per Veronica. Sarà difficile, faticoso, drammatico, nessuno si aspetta una strada in discesa. Ma se anche una sola donna si salverà rifugiandosi in quella casa ne sarà valsa la pena. Veronica lo sa.
Clementina è un supporto, un punto di forza su cui appoggiarsi e ripartire. Un aiuto per le ospiti che possono di nuovo imparare ad amarsi e a badare a se stesse. Una sorta di madre che può insegnare loro come riprendere una propria vita e a volersi bene.

Se proprio devo vivere questa pseudo-vita, allora voglio farlo per aiutare gli altri.
Questa missione come stesso Clementina ha spiegato più volte, spesso fallisce.
Molte ragazze, soprattutto in presenza di figli, alla fine fanno ritorno dal loro aguzzino, illudendosi che sia cambiato. Ma chi commette un gesto violento nei confronti di un’altra persona è cattivo nel DNA. Storie tutte simili tra loro, stereotipate: minacce, botte, sensi di colpa, paura. Sembra di leggere sempre lo stesso copione.

Quanto vale la vita di una donna

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Lotto affinché non muoiano altre ragazze. Non lo faccio per mia figlia.
La violenza è come un circolo vizioso sempre in agguato. In Italia ogni due o tre giorni una donna viene uccisa dal proprio compagno e gli assassini hanno in continuazione sconti sulla pena, fino a che non ottengono la liberazione anticipata. Mario Beatrice, l’assassino di Veronica, è stato condannato a 22 anni, ma di questi ne sconterà al massimo dieci. Si trova al carcere modello di Bollate dove frequenta anche una scuola di cucina. Clementina con tutta la sua famiglia e l’Associazione, lotta anche perché non cali mai l’attenzione sul carnefice di sua figlia, nei vari tentativi di farsi abbreviare la detenzione con permessi premi o sconti di pena.  Oltre l’associazione Veri e le tante iniziative di sensibilizzazione, dalla storia di Veronica è nato un libro Nessuno potrà + udire la mia voce (Nuova editrice Palomar) di Deborah Riccelli. Dal libro è poi stato tratto uno spettacolo teatrale che sarà messo in scena il 13 novembre a Sanremo presso il Teatro del Casinò di Sanremo e un premio letterario dedicato ai ragazzi delle scuole di Mondragone.
 

Il dovere di andare avanti e lottare

Le storie per quanto prorompenti e di impatto non camminano da sole senza la forza e il coraggio dei protagonisti. Per questo vale la pena parlarne affinché non perdano la loro forza e il messaggio che vogliono trasmettere. La battaglia che sta conducendo Clementina Ianniello non le restituirà Veronica, ma grazie al suo sacrificio e alla sua forza, Veronica rivivrà per sempre nel cuore di chi l’ha amata prima e lavora nel suo nome dopo; negli occhi di ogni donna vittima di violenza che, grazie al lavoro dell’associazione, tornerà a sorridere serena e magari a immaginarsi di nuovo una vita normale, libera dalla violenza.

Daniele Maisto
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