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Intervista alla scrittrice Vanessa Marini sul suo libro “Le Ultime Ore”

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Vanessa Marini, benvenuta. Parlaci del tuo amore per la scrittura: come e quando hai deciso di diventare scrittrice?

Credo che saper scrivere sia un modo di essere, una caratteristica innata. Non si diventa scrittrice, lo si è e basta. Certo scrivere bene è una cosa che si impara con il tempo, con l’esperienza, con l’aiuto di editor professionisti. Ma l’attitudine, il talento, l’abilità di trasformare l’ispirazione in un libro, un buon libro che piace, che emoziona e, nel mio caso, che sia anche utile è una qualità che non si compra al mercato. Io non so se questa qualità mi appartiene o no. Lo diranno i miei lettori.

Quali scrittori hanno ispirato il tuo percorso?

Sono onnivora in tema di lettura, ha letto e leggo di tutto, dalla poesia ai saggi, dai libri di avventura a quelli romantici. Uno su tutti però è “Le affinità elettive” di Goethe. È un libro al quale sono molto legata e che ha costituito le fondamenta emotive per il mio primo romanzo “La lama invisibile”.

“Le Ultime Ore” è il tuo nuovo romanzo. Qual è stato l’input che ti ha spinto a scriverlo?

L’ispirazione è nata da una vicenda familiare reale accaduta ad una collega che ha adottato una bambina russa 25 anni fa. Purtroppo a vent’anni questa ragazza è stata trovata morta in un albergo in circostanze ancora misteriose. La madre è certa che non sia mai venuta fuori tutta la verità. Parlando con lei ho pensato di scrivere una storia liberamente ispirata a sua figlia.

Da quale idea nasce la scelta del titolo? Perché “Le Ultime Ore”?

Le ultime ore sono quelle della protagonista e parallelamente sono anche quelle della comunità di Pripyat la sera dell’incidente nucleare più grave della storia.

C’è anche un altro parallelo che riguarda un altro protagonista del romanzo ma non approfondirei per non anticipare oltre la trama.

Qualche anticipazione per i tuoi prossimi lavori e impegni?

Ho una bozza già scritta sulla violenza istituzionale contro le madri che spero di far uscire l’anno prossimo. Ma nella mia mente c’è un altro progetto a cui tengo molto che riguarderà la violenza contro le donne come arma di guerra. Non si tratta di una guerra in particolare anche se non nascondo che la recente guerra in Ucraina mi ha stimolata. Purtroppo lo stupro nei confronti delle donne è sempre stato usato come arma di guerra in tutte le guerre passate e presenti. È una costante che si usa per destabilizzare intere comunità, per ribadire l’umiliazione e il dominio sul nemico, per operare una pulizia etnica. È un tema difficile e drammatico che io ho appena sfiorato in un altro dei miei libri “Spiagge Bianche”.

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