Piergiorgio ManueleInterviste 

Siamo parte di una stessa famiglia. Intervista al cantautore Piergiorgio Manuele

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Manuele, quest’album è pieno di sentimenti; cosa provi quando lo riascolti?

Grazie per avermi fatto questa domanda che curiosamente è la prima, perché tocchi uno dei nodi fondamentali del mio lavoro di autore ed interprete. E quando dico autore ed interprete o semplicemente cantautore ribadisco l’assoluta necessità di cantare quello che scrivo che è quello che penso e sento. Benché la dimensione da studio e la registrazione di un album molto spesso si trasformino in un lavoro di sottrazione, e per me questo vale tantissimo perché mi lascio trasportare da mille idee e suoni, nondimeno la forza e l’intensità, la passione, il sentimento; insomma quello che i greci chiamavano pathos è la base, l’assunto istintivo e vitale da dove tutto parte e che deve necessariamente star li a sostenere.

Ascoltare i miei lavori mi riporta al mio vissuto, all’approccio che io ho verso le cose che non può far a meno della musica e della sua parola, anche quando questa per alcuni periodi si prende una pausa e se ne va, come una donna matta e capricciosa che però ami alla follia . A volte mi chiedo se ciò che racconto è ciò che ho fatto, visto, provato oppure il contrario, vale a dire il risultato del mio inevitabile musicare la vita e di rivestirla con parole. Qui tocchiamo temi importanti dove la riflessione tra arte e vita ritorna prepotentemente alla ribalta. Un esempio di tutto questo nell’album è Ma sei quella che… storia di una grande passione giovanile, dove il ricordo e la suggestione potente di quell’esperienza diventano racconto in musica, ma dove quello stesso pezzo, la cui musica scrissi proprio in quel periodo, s’incideva tra me e la persona amata fino forse a condizionarne a tratti la condotta, e le azioni stesse. Insomma estetizzavo, ma ovviamente gioivo e soffrivo, quindi non era semplicemente un vezzo, o un atteggiamento lezioso; al contrario era vita. Questa ambivalenza tocca anche altri brani, come Sabbia, una canzone che parla di temi drammaticamente attuali come l’immigrazione e le guerre in Medio Oriente, dove accanto alla denuncia, alla cronaca, mi sforzo di mettere a fuoco la mia e la nostra posizione di spettatori inermi dell’occidente di fronte al turbinio sconvolgente di guerre e popoli in fuga.

E’ chiaro che qui il sentimento d’angoscia e impotenza prevale su tutto. E l’autore, l’interprete e la persona diventano una sola cosa, vivendo a vari livelli il medesimo spaesamento e smarrimento di fronte a tragedie di tale portata. Riassumendo davvero ogni canzone rappresenta un percorso a se, ed un’esperienza propria e peculiare, ciascuna con il proprio carico emotivo, che spesso ha condizionato la mia vita e in fin dei conti continua a condizionarla sempre e comunque, in un legame inscindibile.

Perché “Lumanagente”?

La parola “umana gente” è per la prima volta usata da Dante nel Purgatorio e poi ripresa di Leopardi nella Ginestra. Con questo non volevo tirarmela e dire bé che figata!… Addirittura il sommo poeta e lo stupefacente Giacomo da Recanati!…Certo questi due straordinari poeti rappresentano il meglio per me, ma quello che mi ha preso è la suggestione della parola che definisce gli uomini, il genere umano, come gente prima di tutto, cioè gens; ovvero come appartenenti ad uno stesso gruppo in quanto discendenti da un unico progenitore. Siamo parte di una stessa famiglia… è la famiglia degli uomini. Siamo tutti nella stessa barca e di questo volevo parlare. La valenza politica è chiara. Non c’è differenza in questa parola poiché accomuna tutti, ricchi, poveri, stronzi, buoni e brutti…Tuttavia è impossibile negare particolarità e peculiarità di ognuno di noi, e non ribadire delle differenze. Ti rendi conto così che c’è sempre e comunque una doppia prospettiva. Quella di chi guarda questa grande famiglia nella sua totalità e la colloca sullo sfondo di un destino comune, che è il destino del pianeta e della specie stessa; ma di là ci può essere anche l’Altissimo, l’Estremo, il Grande Limite… E quella di chi ha guardato attraverso il suo caleidoscopio, scorgendo le mille facce e le mille vite. Io ho cercato di fare tutte e due le cose provando forse assurdamente a farne un quadro, una narrazione dove presunzione, follia, delirio di onnipotenza, disperazione, mancanza, illusione, tenerezza e contentezza, aspirazione e speranza hanno giocato e si sono rappresentate nei personaggi che abitano Lumanagente e le canzoni che lo compongono, compreso me.

Prevedi un Tour?

Sul tour non abbiamo ancora definito niente di preciso. Mi auguro di trovare la formula giusta per suonare quest’album e di rendere al meglio le sue atmosfere e la sua “carne”… Sostanzialmente sono un “one man band”, quindi non sarà facile. Però è chiaro che ce la metteremo tutta per trovare gli spazi giusti e più adatti…

Quanto hanno influito le tue origini su questo disco?

Sono siciliano dunque questo disco non poteva che essere così…se ti dico banalmente sole, orizzonti, spazi aperti e cielo che tocca il cuore, mille e mille parole, uno nessuno e centomila, Grecia, tragedia e filosofia, silenzi e mare, montagne, anzi la Montagna e L’Isola, ed un amore, un infinito amore che mai si da pace…allora ti dico che tutto questo non può non essere nel disco. La Sicilia è un luogo dai mille luoghi, ma anche un luogo che è un “nonluogo”.. Mi piace con un po’ di presunzione pensare che anche le mie canzoni e Lumanagente riflettano tutto questo.

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