Perché un alunno dovrebbe ricordarsi di me?
Allora, ragazzi, parliamoci chiaro. Se vi chiedessero di fare un elenco dei vostri prof, uno dopo l’altro, magari per nostalgia o per una classifica segreta del tipo “chi ci ha fatto più sudare”, io probabilmente non sarei tra i primi nomi.
Forse neanche tra i secondi e se proprio devo essere del tutto onesta nemmeno tra gli ultimi. Forse vi verrebbe da dire:
“Ah sì, quella prof… di sostegno… che materia faceva?” Ecco, appunto.
Non avevo una materia. O meglio: avevo tutte e nessuna. Ero quella che ogni tanto compariva vicino a voi come una specie di presenza mistica, un po’ guida spirituale, un po’ Google umano (“prof, ma cosa dobbiamo fare?”), un po’ cuscino emotivo nei momenti di panico. Quindi, perché dovreste ricordarvi di me? Perché ero quella che c’era. Anche quando facevate finta di no. Mentre il prof spiegava, io vi traducevo l’italiano accademico in “lingua comprensibile”, vi sussurravo che ce la potevate fare (e a volte ve lo urlavo dentro, ma con lo sguardo).
Ero quella che vi ha difeso quando avevate torto, ma l’autostima era sotto i piedi; colei che vi ha spiegato la consegna mentre il resto della classe aveva già finito l’esercizio, che vi ha fatto ridere durante una verifica (ok, non era proprio previsto… ma la tensione andava sgonfiata, no?) e che vi ha insegnato che aiutare un compagno non vi abbassa il voto, ma vi alza l’umanità.
Ero la prof che non interrogava, ma faceva domande lo stesso. E non erano su Leopardi o Pitagora, ma su di voi. “Stai bene?” – che a volte era più difficile da rispondere di un’analisi del testo. Non avevo una cattedra, è vero. Ma avevo le orecchie ben aperte. E anche gli occhi, eh. Perché vi vedevo.
Quando facevate finta di nulla, quando vi nascondevate in fondo, quando facevate gli arroganti per paura di sembrare fragili. E no, non mi ricorderete perché ho dato un voto altissimo o vi ho spiegato tedesco.
Mi ricorderete – forse – perché in mezzo al casino generale, io ero quella che vi ascoltava davvero. Che vi ha fatto sentire normali anche quando vi sentivate “troppo” o “troppo poco”. Che vi ha insegnato, anche senza dire “aprire il libro a pagina 48”, che la scuola dovrebbe essere un posto dove nessuno resta indietro. Mai. E se oggi, ogni tanto, date una mano a chi ha bisogno, o vi viene da pensare “forse ce la posso fare, anche se ci metto di più” forse un po’ di me è rimasto con voi.
E allora sì: ricordatevi di me.
Anche solo come “quella prof che non aveva una materia, ma ci capiva lo stesso”.
Con affetto (e ironia, sempre),
La prof di sostegno. Quella che c’era, anche quando non c’erano verifiche.
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